Grazia Deledda - L'Incendio Nell'Uliveto by AN

Grazia Deledda - L'Incendio Nell'Uliveto by AN

autore:AN [AN]
La lingua: eng
Format: epub
Tags: Letteratura Italiana
pubblicato: 2014-11-14T09:47:36+00:00


40

Il passo di Juanniccu, il suo lieve tocco al portone la riscossero. Rapida balzò, chiuse l'uscio di

comunicazione fra la stanza e la cucina, depose il lume sulla tavola. Nel vedere che apriva lei,

Juanniccu ebbe come un moto di spavento: stette, pesante e tremulo, sulla soglia, aspettando ch'ella

si ritraesse, poi entrò, a testa bassa,lasciando a lei la cura di chiudere.

E lei chiudeva, con un lieve tremito nelle dita. Ancora non sapeva come cominciare il discorso, se

fermare il cognato nella cucina o seguirlo nella sua camera, perché gli altri non sentissero. Aveva

paura che egli alzasse la voce. Meglio forse era lasciarlo andare, aspettare un momento più oppor-

tuno, tanto più che egli sembrava ubriaco, almeno a giudicarne dall'odore di vino che esalava.

Un senso di ripugnanza la prese. No, era meglio tacere; e s'indugiava a chiudere per lasciarlo an-

dar su; ma d'un tratto sentì di nuovo che era la paura, non la repugnanza, a farla esitare. Allora,

stringendosi le mani l'una con l'altra per fermarne il tremito, si affrettò per raggiungere il cognato

nella cucina: e s'accorse ch'egli l'aspettava.

Stava fermo accanto all'uscio del corridoio: la lucerna lo illuminava di faccia proiettando la sua

ombra sulla parete; il suo viso era pallido, con le palpebre abbassate: pareva si fosse addormentato

in piedi, con la testa un po' dondolante sul collo.

Ella si avvicinò, più alta di lui, investendolo con la sua ombra: non sapeva ancora come comincia-

re, ma non aveva più paura; si sentiva capace di schiacciarlo contro il muro se egli alzava la voce.

Ma egli aprì gli occhi e la guardò; e fu lei a sentirsi come buttata per terra da quello sguardo di in-

finito compatimento.

«Tu mi aspettavi», egli disse; poi abbassò la voce: «che cosa c'è stato?».

E pareva le offrisse il suo aiuto.

Allora la donna si turbò maggiormente; ma parlò senza sdegno, con una sorda tristezZa.

«Che cosa hai detto tu di me a tua madre?»

Egli rispose con prontezza insolita, quasi con vivacità.

«La verità, ho detto!»

«No, non è la verità, Juanniccu! Tu mi hai accusato di un peccato che io non ho commesso.»

«Io non ti ho accusato di peccato. Cos'è il peccato? E che colpa hai tu se le cose del mondo vanno

così? Vanno così perché devono andare così. A volte vogliamo metterci riparo, ma è come mettere

la mano contro un fiume che straripa. E bisogna lasciarlo straripare. Così a te è piaciuto quell'uomo

perché eri donna, e ti sei trovata sola con lui, in momenti nei quali ti pareva ancora lecito di guar-

darlo; perché ti pareva fosse un uomo libero e tu una donna libera. Invece non siamo mai liberi. E

non lo siamo perché non vogliamo esserlo. Se tu volevi esserlo, potevi prenderti quell'uomo; e An-

narosa si prendeva il suo ragazzo e così stavate contente tutt'e due, almeno per un po' di tempo. Ma

è che qui in questa casa, poi, si è tutti come ragazzi: si cerca tutti di disobbedire ma non si può. Non

si può, non si può», ripeté più volte, dondolando la testa.

La donna l'ascoltava stupita; lo sdegno le svaniva dal cuore; sentiva bene di parlare con un ubria-

co, eppure aveva desiderio di dirgli "hai ragione".



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